domenica 3 gennaio 2016

Mostra Mito e Natura a Palazzo Reale, alcune stranezze "funerarie"

Siamo agli sgoccioli delle vacanze natalizie e tra una fetta di panettone e un brindisi di buon augurio, capiterà nei prossimi giorni di avere comunque a disposizione una mezza giornata di relax da dedicare a qualcosa di interessante. Stufi della ressa nei negozi per i regali di Natale, senza dubbio la soluzione migliore è fare un salto indietro nel passato e trascorrere qualche ora all'insegna della cultura con la mostra Mito e Natura a Palazzo Reale di Milano. Mancano pochi giorni alla chiusura (10 gennaio 2016), quindi vi invito ad andarla a visitare subito per non perdervi l'occasione di conoscere qualcosa in più del mondo classico. Naturalmente ora vi racconterò qualche cicca funeraria legata alla mostra...



la mostra da Milano.repubblica.it

E' una "mostra nuova", un pò particolare per la tipologia di esposizione che è diversa da quanto normalmente ci aspetteremmo da una mostra archeologica: prima di tutto il tema nuovo per quanto concerne lo studio dell'antico, che contraddice l'idea che generalmente si ha dell'antico, un mondo erroneamente inteso come fatto tutto di statue bianche. E' un uomo che guarda non sè stesso, ma la natura! Quasi 200 opere esposte, che sarà difficile riaverle in una sola mostra e che ci raccontano di come è cambiata nel tempo la percezione della natura da parte dell'uomo greco, ellenistico e romano poi.

Ma se vi parlo di questa mostra, io, amante dei cimiteri e di tutto quello che concerne il mondo dell'aldilà e del "funerario" un motivo ci sarà: come ben saprete, molto di quello che conosciamo di civiltà antiche è dovuto ai ritrovamenti costituiti da corredi funerari che ci hanno permesso di approfondire i nostri studi su nuove civiltà del mondo antico. Infatti molti dei reperti archeologici esposti in questo mostra sono proprio parte di corredi funerari ritrovati in sepolture greche e romane.

Una visita attenta delle opere esposte richiede circa un'ora e mezza, ma se volete seguire le stanze del percorso prendendo spunto dai miei suggerimenti funerari, potrete avere un'idea più veloce della mostra. Tengo a precisare che non sono un'archeologa: ho fatto si esami universitari di archeologia classica nel mio percorso universitario, ma la mia grossa base del mondo antico è dovuto a quei 5 faticosi anni del Liceo Classico, quindi in caso concedetemi inesattezze e un linguaggio a volte non propriamente tecnico.

Dopo aver osservato la statue di Dioniso da tergo, che ci invita a proseguire nelle stanze, ci imbattiamo in quella di Trittolemo, figura importante nel Pantheon greco, il quale ricevette il compito da Demetra di insegnare all'uomo il modo di coltivare il grano.
Segue una stanza dall'allestimento davvero singolare: nella parte sinistra è presenta una grossa roccia in cui vengono inseriti i reperti archeologici della terra e tutto intorno, a destra, c'è invece il mare. Esso riproduce il pensiero antico di un mare Okeanos intorno alla Terra abitata (e piatta). Da entrambe le parti vengono esposte ceramiche attiche del V secolo di una bellezza straordinaria. Il mare era uno spazio naturale che garantiva il contatto tra popoli di diversa cultura, era una delle principali fonti di sostentamento, ma l'uomo aveva con esso anche un rapporto conflittuale, in quanto foriero di morte. Osservate infatti un vaso euboico di Pithecusa-Ischia, soprannominato Cratere del Naufragio presente nella seconda teca a destra, in cui vengono raffigurati attorno ad una barca capovolta i cadaveri dei naufraghi e decine di pesci, alcuni dei quali apparentemente innocui, altri enormi, uno più grande degli altri, che ha già afferrato la testa di un uomo inerte nell'acqua. Vi parlo di quest'opera perchè', oltre alla raffigurazione "un pò macabra", il cratere fu rinvenuto nella necropoli di San Montano, in una delle "pire secondarie" su cui le famiglie di ceto medio elevato bruciavano il corredo funerario, separatamente dal corpo. E' anche l'opera più antica esposta nella mostra, e risale all'VIII a. C.

Il Cratere del Naufragio, foto da www.ildispariquotidiano.it

Anche altre reperti, sempre attinenti al mare, sono stati rinvenuti in tombe: per esempio una kylix attica con delfini e polpi, ritrovata in una tomba ad inumazione di un adolescente di Taranto.
L’arte della ceramica rappresentava nell’antica Grecia un modo privilegiato per tramandare le mitologiche imprese degli dei e degli eroi. Anche il cratere a calice attico a figure rosse rinvenuto in una tomba di Montesarchio, datato al V secolo a.C. racconta un mito: quello di Teseo e il toro di Maratona. Teseo, figlio di Egeo ed Etra, trascorse la sua infanzia a Trezene; divenuto un giovane lasciò la città per compiere eroiche imprese. Giunto ad Atene, dove si trovava il padre, fu riconosciuto dalla maga Medea, sposa di quest'ultimo: questa, temendo che Teseo potesse sostituire suo figlio nella successione al trono, gli chiese di portare ad Atene il toro mostruoso che infestava la pianura di Maratona, che altri non era che il toro di Creta riportato da Eracle nel Peloponneso. Teseo catturò il toro, lo incatenò e lo porto in Attica, dove lo offrì in sacrificio ad Apollo Delfico: è proprio questo il momento della mitica storia rappresentato su questo cratere.

Cratere a Calice con raffigurato il Toro di Maratona, foto da www.mostramitoenatura.it
I vasi della sezione terra contengono raffigurazioni che riproducono soprattutto spazi all'aperto in cui si svolgono le azioni dell'uomo: donne che fanno toeletta intorno ad un albero, o raccolgono frutti, magari come gesto rituale che precede il matrimonio.

Proseguiamo nella sala successiva in cui viene affrontato il tema della Natura come simbolo.
Senza dubbio il reperto archeologico più importante è la lastra della Tomba del Tuffatore, straordinario prestito del Museo Archeologico di Paestum. Nell'immaginario greco gli elementi della natura possono alludere metaforicamente ad uno spazio che segna il confine del mondo conosciuto ed il passaggio dalla vita alla morte. Eccezionale è la scena raffigurata sulla parete interna della lastra di copertura, raro esempio di pittura greca degli inizi del V secolo a. C. Un giovane nudo si tuffa in uno specchio d'acqua dopo aver oltrepassato un monumento a blocchi squadrati, allusivo alle porte dell'Ade. (gli antichi collocavano l'Ade in un luogo posto all'estremità occidentale della terra, ultimo confine del mondo abitato e circondato da Oceano). La tomba, trovata nel 1968, illustra un grande momento della pittura greca, verso il 480 a.C.
Sulle quattro lastre, purtroppo non esposte che costituiscono le parti della cassa, sono rappresentate scene tradizionali di simposio e di banchetto e personaggi in cammino: la metafora del tuffo nel mare acquista maggiore significato se confrontata proprio con queste scene. L'esperienza del vino risulta così accomunata a quella del passaggio dalla via alla morte a all'aspettativa di una salvezza individuale.



2 commenti:

  1. Ciao Valeria ci sono altre date per questa visita? Grazie!

    RispondiElimina
  2. Ciao, la data del 10 gennaio che ho indicato non è una visita, ma il termine della mostra. Purtroppo sta per chiudere...

    RispondiElimina